Il progetto di una start up sarda: per fragole e mirtilli la shelf-life si allunga di una settimana grazie a un additivo naturale ricavato dai sottoprodotti. “Puntiamo a portarlo sul mercato nel 2026” racconta il co-founder e ceo Matteo Poddighe
Di Daniele Colombo 28 ottobre 2024
C’è una nuova frontiera del packaging funzionale che guarda all’utilizzo di sostanze naturali e abbandona le nanotecnologie basate su metalli pesanti. Meglio se ricavate da scarti, secondo gli indirizzi dell’economia circolare. E l’innovazione è portata avanti da start up, come la sarda Alkelux, premiata a Verona per la seconda edizione dell’acceleratore FoodSeed, il programma promosso da Cdp Venture Capital. Il co-founder e ceo, Matteo Poddighe, ci spiega i vantaggi per i prodotti ortofrutticoli, a cominciare dai frutti di bosco.
Come nasce la start up?
Nasce nel 2024, ma come gruppo di ricerca nel 2022. L’ho fondata con Davide Sanna, siamo due tecnici, entrambi di Sassari, dove abbiamo anche il laboratorio. Io sono l’inventore della tecnologia, ho un dottorato di ricerche in Scienze e tecnologie chimiche. Come Davide, che è più focalizzato sulla parte industriale dell’applicazione. Nel 2024 si sono aggiunti Carlo Usai ed Emina Bilanovic, che si occupano della parte commerciale e sono di Cagliari.
Perché la scelta di questo nome?
Abbiamo dato questo nome come combinazione di due parole: Alke arriva da alchermes, ritenuto dagli alchimisti nell’antichità un elisir che curava tutto. Noi abbiamo testato l’additivo nei confronti di virus, batteri e muffe e riusciva a debellare qualsiasi patogeno. Lux deriva da luce, perché questo additivo, se irraggiato con la luce del sole o artificiale, aumenta l’effetto antimicrobico.
Come è partita la ricerca dagli scarti di liquirizia?
Dal mio dottorato. Mi occupavo di superfici antivirali per il Covid e da lì ho capito come doveva essere la struttura dei materiali per sviluppare l’attività antimicrobica. Durante la mia ricerca mi sono imbattuto in un componente della liquirizia, l’ho trovata interessante, non c’erano molti articoli al riguardo di questa molecola, che è alla base del nostro brevetto. Abbiamo allora cercato di isolarla dagli scarti di lavorazione e ci siamo riusciti. Ci siamo allora messi in contatto con un’azienda che produce liquirizia bio, la Liquirgam di Cosenza, che produce annualmente circa 12 tonnellate di scarti. Al momento lavoriamo in un laboratorio ma costruiremo un impianto pilota a Sassari.
La focalizzazione dell’additivo è andata sul packaging per l’ortofrutta.
Sì in funzione di packaging funzionale. Si tratta di un nanomateriale che può essere impiegato in diversi imballaggi. Abbiamo svolto i primi test sulle fragole, che sono molto deperibili. Per poi spostarsi su altri prodotti come i mirtilli. Riusciamo a migliorare le performance del packaging tradizionale, plastico, di una settimana in più rispetto al pack non funzionalizzato. Al momento ci siamo concentrati sui test per la plastica, ma da gennaio lavoreremo anche su quelli in cartone. Abbiamo pianificato anche di fare test sull’uva da tavola. Ma siamo aperti alle collaborazioni con aziende ortofrutticole che vogliono testare il nostro pack attivo su altri prodotti.
Come packaging funzionale avrà bisogno di indicazioni in etichetta?
Sì, abbiamo avviato la procedura per ottenere certificazione europea per inserirlo negli imballaggi. Purtroppo le tempistiche europee sono lunghe e contiamo di portare il nostro prodotto sul mercato nel 2026. Probabilmente entreremo prima nel mercato sudamericano, dove c’è grossa richiesta di tecnologie per mirtilli e uva.
L’additivo è sicuro, non crea problemi di contaminazione o allergie?
Assolutamente no, non ha metalli all’interno, come zinco e nichel, che determinano allergie e intolleranze: nel 2022 il titanio è stato bandito dall’Ue per la tossicità a livello nanometrico, perché sospetto cancerogeno. Il nostro è invece completamente organico, sicuro per la salute umana e dell’ambiente. È fondamentalmente costituito da idrogeno, carbonio, ossigeno, azoto, ed è solubile in acqua. Se accidentalmente un alimento dovesse essere contaminato, basta sciacquarlo per eliminarlo.
Il packaging funzionale naturale è la nuova frontiera?
Esattamente, moltissime aziende, come Amadori o Barilla, stanno spingendo per questo tipo di soluzioni: riuscire a essere nel contempo performanti e sostenibili è molto difficile e noi pensiamo di aver trovato un giusto compromesso. È poi molto economico.